Intervista a Stefano Cecere
Ci si fa a volte dei musicisti un’idea sbagliata. Esiste il vecchio stereotipo del musicista strampalato pieno di vizi che pensa solo a fare musica per attirare su di sé l’attenzione mediatica e della gente. Le opinioni fatte a priori si possono però sbagliare. E io, pensando ad un ipotetico “personaggio” quale poteva essere il mio intervistato, Cecio, che è stato tastierista degli 883, di Antonella Ruggiero, di Battiato e per ultimo Jovanotti, ho sbagliato a pensare che mi sarei trovato davanti ad una star. Tutt’altro. Avevo preparato qualche domanda tendenziosa, ma credo che mi farò trascinare da una chiacchierata a ruota libera.
D: qual’e’ stata la tua evoluzione come artista?
R: fondamentalmente ho incominciato a lavorare con tutto quello che è creatività digitale, anche se, in campo musicale, avevo una buona base di musica classica alle spalle. I miei artisti trainanti sono stati Prince, J.M.Jarre e i Queen, e nella mia musica ci ho messo un po’ di loro, un po’ di musica classica-sinfonica, un po’ di musica elettronica.
D: come ti sei approcciato ad un pubblico ampio?
R: per caso, a dir la verità. Sono sempre stato molto fortunato, mi hanno sempre chiamato per fare i tour e collaborazioni. “Casi” che io chiamo coincidenze significative.
D: quando hai deciso che la musica sarebbe stata la tua professione?
R: veramente non l’ho deciso io. Hanno deciso altri. Non mi definisco precisamente un musicista professionista, anzi. Forse il termine a me più adatto sarebbe “propulsore umanista”, essendo mio interesse vitale principale il portare in giro per il mondo tutte le tesi del nuovo umanesimo, con tutti i media con cui so lavorare.
D: qual’e’ in questo momento la tua attività principale?
R: mi sto occupando della produzione di un programma televisivo di taglio esistenziale/umanista, partendo da un gruppo che sto organizzando a Monza, ma che si sta già espandendo in tutta Italia. Nel 1995 Marco Stegani ed io abbiamo fondato il club umanista multimediale (
www.clum.net
), che sarebbe un gruppo di gente che lavora nella produzione e nello sviluppo di materiali mediali, la musica ad esempio, o la produzione di video, che presentino un sostrato umanisti.
D: per arrivare alle persone, per comunicare loro il proprio pensiero, il musicista può anche essere frainteso, e avere dei risvolti negativi, come colpire elementi più suscettibili. Pensi che il musicista debba avere un’etica precisa?
R: l’artista deve esprimere quello che veramente ha da dire, senza fare il calcolo del riscontro che può avere. Se un mio valore è vero, è difficile che il messaggio possa essere frainteso.
Esso può essere frainteso solo se l’artista non ha una coerenza profonda fra quello che dice e quello che fa.
D: che effetto fa suonare davanti a migliaia di persone?
R: i primi concerti che facevo quindici anni fa mi suscitavano un’emozione spropositata. Questo aspetto si è trasformato, è diminuito notevolmente. A volte far musica di professione può diventare un lavoro da impiegato. Per fortuna non è sempre così. Ci sono delle formule che lasciano spazio alla libera creatività. sul palco, ad esempio, che ti permettono di improvvisare e variare.
D: come ti muoverai una volta che deciderai di fare musica tua?
R: mi muoverò con una produzione assolutamente indipendente e autofinanziata, per mantenere la massima libertà di contenuto, e utilizzando, ma non necessariamente, canali di distribuzione alternativi. Ho una profonda esperienza di tecnologie di comunicazione e telecomunicazione…questo potrà tornare utile…
D: Qual’e’ il tuo motivo per far musica?
R: Il mio motivo è di umanizzare la terra. Se io voglio portare qualcosa in giro per il mondo è per dare la possibilità di partecipare a determinate esperienze, ed entrare in contatto con un nuovo modo di vedere e sentire la vita. Voglio fare musica per portare agli altri quello che io ritengo che abbia di più bello.
Valeria Pagano