La memoria della neve

Quando gli occhi percepiscono dei segnali, nel nostro caso onde elettromagnetiche con frequenza di vibrazione compresa in un minuscola band, detta del “visibile”, questi vengono codificati e inviati al cervello che provvede, in modo per fortuna automatico!, a comparararli in continuazione con i contenuti delle memoria.

È così che possiamo riconoscere paesaggi, oggetti e persone. se non avessimo memoria tutto sarebbe percepito come per la prima volta, e non riconosceremmo nulla.

Ebbene cosa successe ad un certo punto?

Che guardando fuori dal finestrino del velivolo percepii un grande piano bianco variegato.

Se non avessi avuto la consapevolezza di stare a diecimila metri di altezza in un velivolo pressurizzato e climatizzato, avrei avuto difficoltà a capire cosa stessi vedendo.

Poteva essere una distesa di neve. oppure una valle di zucchero filato, o la schiena di una pecora gigantissima. Questo la memoria da “abitante sulla superficie terrestre” mi proponeva.

Ma sapendo la mia posizione rispetto al mondo esterno, e con arti deduttive, decisi che non stavo sognando e che quelle erano delle simpatiche nuvole, ovvero agglomerati di vapore acqueo e altre sostanze volatili, che il vento e la pressione avevano messo lì così. Quasi fosse solo per farmi giocare con i meccanismi della coscienza.

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Stefano Cecere
Stefano Cecere
Ricercatore, Sviluppatore, Educatore, Attivista, Umanista, Papà.

Ricerco, Sviluppo e Condivido nell’intersezione tra Giochi, Educazione, Tecnologie Digitali, Creatività, Filosofia Umanista per una Politica Progressista 2050. E papà 2x

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