I Colpevoli
se da un lato ognuno di noi è colpevole della situazione in cui ci troviamo, dall’altro lato alcuni di noi sono un po’ più colpevoli di altri… quello che segue è tratto da una riunione del 1998 (chiederai dettagli se ti interessa)
Non ci sono nemici più grandi del popolo dei banchieri. Speculatori e usurai, fanatici della “religione del denaro”. Quello del denaro è il valore prioritario, a tal punto che ci troviamo di fronte ad una vera e propria idolatria del denaro, che sta producendo una sorta di religione monetarista. Di conseguenza, tutti i valori umani vengono sconvolti; nessuno si fida di nessuno; nessuno vale per quello che è, ma per quello che possiede o, più precisamente, per quello che possiede a breve termine. Ogni relazione viene tradita e, al tempo stesso, viene creato uno strato sociale limite, con tutte le piaghe della più grande povertà: alcolismo, droga, delinquenza, crimine e narcotraffico (col quale non solo aumenta la droga, ma anche un’economia violenta, basata su capitali illeciti).
Questi fanatici del denaro non rispettano niente, nemmeno l’industria (che crea progresso e posti di lavoro), e possono licenziare centinaia di persone senza battere ciglio, per la loro avida ricerca di un guadagno immediato. Per questo gli usurai della banca internazionale ed i loro accoliti sono i responsabili della violenza economica, da cui hanno origine le altre forme di violenza sociale.
L’ “idolatria del denaro” sulla quale essi si basano rappresenta la massima disumanizzazione: non contano le persone, ma il conto in banca, le carte di credito, ecc., crediti usurai che si basano sul “compra oggi e paga domani”, facendo leva sull’apparente ed illusoria sensazione di sollievo data dal disporre di un denaro che potrà essere pagato comodamente più avanti.
Evidentemente non è così, poiché gli interessi, con gli aumenti che ne conseguono (massimo strumento di violenza economica), rendono difficile la restituzione del debito e schiavizzano il debitore. Questo schema si esercita tanto sulle persone come su gruppi, imprese e paesi. Alla mentalità analitica (molto utile per situazioni occasionali e congiunturali, ma nulla quando si ha a che fare con processi o relazioni) non sono visibili le conseguenze del procedimento, ciò che ne deriva, l’irritazione sociale che questa azione produce. Essa non è in grado di percepire i processi e ancora meno le conseguenze sociali, ma solo i successi parziali ed occasionali che, a rigore, non sono altro che imbrogli storici.
Dai successi particolari non risulta un successo globale, però dalla somma di quelle parzialità sì, può derivare una crisi generalizzata come quella attuale.
Essi non vedono il malessere generale che causano, e non per mancanza di capacità, ma semplicemente perché non è conveniente ai loro interessi. Oltre a ciò, tutto viene circondato dal ben noto banditismo semantico, per mezzo del quale si dice una cosa e ne succede un’altra, molto diversa, come per esempio “società libera”, “libero mercato”, “libera concorrenza”, ecc. … e della libertà non si vede neanche l’ombra.
Noi ci opponiamo senza mezzi termini a tutto ciò ed è per sviluppare le denunce e le soluzioni necessarie che stiamo agendo per organizzare fronti che spingano in direzione opposta.
Il neoliberalismo pragmatico si muove come un pesce nell’acqua all’interno di un contesto di menzogne, nel quale ogni proposta è una specie di “variazione sulla menzogna”. E anche se la gente se ne rende conto, non ha il coraggio di riconoscerlo, perché non sa cosa fare.
Solamente per i canali che noi indichiamo ci sono soluzioni valide. Tutto è costruito per i vertici, per le dirigenze, per i privilegiati, per un misero 1% della società mondiale. Crediamo che sia una necessità imperiosa produrre un cambiamento affinché tutto sia al servizio del popolo e della totalità della gente.
Questo comportamento menzognero di cui stavamo parlando ha creato nei popoli disillusione e stanchezza, nessuno vuol sapere niente di niente, ne hanno abbastanza e non credono più a nessuno.
Quelle politiche socio-economiche insensibili hanno prodotto, e produrranno sempre più, forti straripamenti sociali, espressioni catartiche che non servono a niente e non sono utili a nessuno. Il conflitto tende a crescere e può arrivare ad una situazione assai critica che, di sicuro, non sarà risolvibile semplicemente con la repressione. Tali straripamenti sono un caso estremo e inconcludente del processo di liberazione di forze sociali che è in atto e che è oggi più facilmente osservabile nell’America Latina e nell’Europa dell’est.
Indiscutibilmente, dal nostro punto di vista, sono necessarie altre forme di azione e di lavoro, che le dirigenze politiche si guardano bene dall’attuare, perché per farlo dovrebbero ascoltare il popolo.
continua…